Street art nei musei?
La street-art, ormai, è accettata e ricercatissima dai musei. In questi mesi Roma ospita tre importanti street-artist: Shepard Fairey e Sten e Lex sono in mostra presso la Galleria d’Arte Moderna a Roma, mentre il Chiostro del Bramante a Roma, dedica una personale, rigorosamente certificata (Pest Control), a Banksy, indiscutibilmente uno dei più celebri street-artist odierno.
Cosa significa, però, andare a vedere una mostra di street-art in un museo? Un viaggio non fatto, a Los Angeles, Londra, New York, Parigi, nei pressi del muro di Gaza, o, più semplicemente, in certi quartieri delle proprie città. In questo senso i musei rendono possibile l’illusione di viaggiare, di astrarsi dal proprio quotidiano per conoscerne altri, il più delle volte distanti o nascosti. A prescindere dall’origine inizialmente illegale della street-art, il museo la rende accessibile. L’impegno politico di Obey the Giant viaggia anche attraverso i musei e l’indagine estetica della urban art di Sten e Lex trova un dialogo fertile con opere di altre epoche. Qualcosa si perde, inevitabilmente, quel carattere irriverente, spontaneo e di protesta rimane per strada. Nei musei c’è l’impegno nel condividere e tramandare la cultura. Fatalmente in tali istituzioni tutto è incorniciato, etichettato, schedato e assicurato.
I tre autori in mostra sono molto diversi fra loro e il taglio espositivo della Galleria d’arte Moderna differisce sensibilmente da quello del Chiostro del Bramante.