Il buio del mattatoio contiene ed esalta un piccolo cielo di numeri e formule al neon dell’artista Andrea Galvani. L’oscurità della sala disseta dall’asfalto sciolto di Roma in luglio. L’entrata segna chirurgicamente lo spartiacque fra l’esattezza di ciò che è illuminato e il fascino discreto dell’ombra. Si ha l’impressione quasi di entrare in una caverna post-industriale dalle pareti perfette e lisce. Una mostra? Un laboratorio? Un esperimento? Si può affermare che sia un “progetto interdisciplinare concepito come un laboratorio aperto al pubblico”.
Pensare, calcolare, scrivere
Tutto è sulle sfumature del grigio, fatta eccezione per gli “abitanti” vestiti di bianco. Scrivono sulle pareti utilizzando l’alfabeto dei numeri. Sono studenti di matematica e fisica. Il ragionamento scientifico, di calcolo, è il protagonista della prima sala. La conoscenza tradotta con tali segni è dinamica, in continuo essere. I numeri non sono mai accennati, ma scritti in maniera molto precisa e ordinata. Il risultato è pacifico, armonioso. Credo, però, che il ragionamento scientifico sia una lotta combattuta su quaderni e fogli stropicciati, a volte anche macchiati. Immagino un inferno dietro il cielo luminoso delle formule più celebri che hanno cambiato il corso della nostra storia, presenti nell’ultima sala (che risplendono di luce al neon). Per citarne solo alcune delle presenti: la teoria della relatività di Einstein, le equazioni di Friedmann, la legge di Planck (radiazioni elettromagnetiche), la gravità quantica di Wheeler-deWitt e il Teorema di Noether.
Il ragionamento di calcolo e il canto
Il bianco delle vesti degli studiosi si bilancia con il nero dei “performer e vocalist”, che prendono parte all’evento artistico durante la performace “Instruments for Inquiring into the Wind and the Shaking Earth”. La scrittura convive ora con il suono del canto. Il risultato è ancora pacifico e armonioso. Nessuna traccia della disperazione dei calcoli che non tornano, delle tesi respinte o condannate pubblicamente perché considerate pazzesche. Nessuna testimonianza delle invidie fra studiosi, delle gare fra diversi team scientifici. C’è ancora tempo, perché il progetto è in continua evoluzione, e, forse, i numeri e i disegni geometrici daranno traccia dell’umanità che calcola faticosamente con costante passione.
Lo spessore delle cose terrene
“La sottigliezza delle cose elevate” è una mostra con la quale si compie un viaggio al di sopra delle cose terrene. Il titolo è una citazione del grimorio scritto da Ahmad ibn ‘Ali al-Buni (intorno agli anni 1220 d.C): Il libro del sole della gnosi e le sottigliezze delle cose elevate. Per il momento Andrea Galvani ci invita in un luogo dove non c’è errore, né sudore o polvere. Si sono già oltrepassate le passioni umane, non esistono dispute legate a brevetti di varia natura. Tutto è pulito, luminoso di elettricità. Quasi ci si dimentica della pandemia e della crisi economica alle porte. Non ha più importanza, si evade nel buio, al riparo, appunto, dallo spessore delle cose terrene.
Riassumendo
Cosa e chi:
Mostra “La sottigliezza delle cose elevate” di Andrea Galvani, curata da Angel Moya Garcia, che lo inserisce all’interno del programma triennale di “Dispositivi sensibili” (programma ideato dallo stesso Angel Moya Garcia per il Mattatoio di Roma)
Ricercatori, dottorandi e studenti invitati a partecipare al progetto dall’artista: Ares Bortolussi, Gabriele Galbalto Muscio, Noemi Massetti, Daniele Pannozzo, Ornella Juliana Piccini, Francesca Pucci, Raffaella Tramontano, Alessandro Vannini, Benedetta Zarcone, Chiara Zennaro.
Dove:
Mattatoio, Roma
Quando:
23 luglio – 25 ottobre 2020
Date Performance
“Instruments of Inquiring into the Wind and Shaking Earth”:
- 17 settembre 2020
- 15 ottobre 2020
Performer e vocalist: Costanza Alegiani, Giuseppe Creazzo, Ludovica Manzo, Francesca Palamidessi, Elena Paparusso, Alice Ricciardi