Edina Altara
Bella, bellissima! Edina Altara ha un fascino talentuoso, inconsueto, quasi inaccettabile per una donna dei suoi tempi. Giovanissima crea giocattoli di carta, maturando poi verso illustrazioni e poi dipinti. Gio Ponti la chiama, insieme ad altri artisti, per eseguire delle pitture per gli interni da lui progettati di 5 transatlantici, tra i quali spicca l’Andrea Doria. Edina Altara è anche autrice dei disegni su ceramiche insieme alle sorelle Lavinia e Iride, anch’esse artiste di pari talento. Edina nasce nel 1898 a Sassari e cresce in una famiglia di sole donne, con la madre e le tre sorelle.
Fin da piccola, da autodidatta, sente il bisogno di veder nascere qualcosa dalle proprie mani. I suoi primi lavori, oggi perduti, includono la carta, i fili e pezzi di stoffa. L’autrice seleziona, taglia, assembla, incolla per comporre, inizialmente, qualcosa con cui giocare. Nel 1916, a diciotto anni, presenta i suoi giocattoli di carta partecipando alla “Mostra campionaria del giocattolo” a Milano e vincendo la medaglia d’argento.
Un piccolo angolo tutto per Edina
Nel 1917 Edina Altara espone presso la Mostra della Società degli Amici dell’Arte” di Torino, [dove] ha l’onore di vedere acquistato dal re Vittorio Emanuele III il collage “Nella terra degli intrepidi sardi” (noto anche con il titolo “Jesus salvadelu”), ora al Quirinale (fonte: www.edinaaltara.it)
L’inizio promettente si scontra con la realtà difficile dell’essere un’artista donna, durante i primi anni del Novecento. Il mondo dell’arte, all’epoca, è un club per soli uomini e l’incredulità nei confronti del talento di una giovane donna traspare dalle penne dei critici. Raffaello Giolli, che pure è fra i suoi sostenitori, la descrive come una “donna-bambina [dal] l’ingenuità maliziosa dei sui piccoli bambini di carta“. Ancora nel 1917 Edina partecipa alla prima “Mostra sarda al caffè Cova”, un’esposizione importante per tutti gli autori isolani che promuovevano e creavano uno stile “primitivo” sardo in un’ottica nazionale. Il critico Vittorio Pica, in un articolo su Emporium, affida il successo di Edina alla sua giovane età e alla “leggiadria della sua snella personuccia e per la luminosità dei suoi occhi neri“. Troppo bella o troppo brava per essere accettata?
Giochi di complicità
L’amore non poteva mancare nella vita di Edina e l’incontro con l’illustratore Vittorio Accornero de Testa, meglio conosciuto come Victor Max Ninon, ha il duplice sapore agrodolce di un evento fausto e ominoso. Nel 1922, per Ninon, Edina fugge da un matrimonio combinato con il Marchese Carmelo Manca di Villahermosa Sanjust (Nuova Sardegna). I due illustratori si sposano in Toscana e iniziano a lavorare insieme, firmando le tavole “Edina e Ninon”. Il matrimonio dura fino al 1934. La complicità sentimentale e lavorativa non sopravvive. E se la competizione si fosse insinuata nel loro rapporto? Non lo sapremo mai con certezza.
Dal collage alla pittura | Riviste e illustrazioni
La tecnica del collage, ufficialmente “nata” nel 1912 da Braque e Picasso, è lo strumento prediletto dell’artista. Fu utilizzata anche dai movimenti e avanguardie quali il Futurismo, il Dadaismo e il Costruttivismo. Edina ne fa un uso personalissimo: le figure della sua infanzia si mescolano con la sua immaginazione dando luogo a lavori fuori dall’ordinario. Il collage, a volte, rimanda a un atto creativo quasi “scultoreo”, come se si potesse parlare di piani di carta sovrapposti. D’altra parte le sue bambole di carta altro non erano che piccole statue con cui giocare. La pittura, invece, è esplorata a partire dagli anni Quaranta. Sceglie i colori a olio e dipinge sui cristalli, sugli specchi e sulla masonite. Il ductus pittorico, pastoso e vibrante, raffigura scene mitologiche, religiose e di filastrocche popolari. Contemporaneamente lavora come illustratrice di riviste femminili e di moda e per pubblicazioni dedicate al mondo dell’infanzia, come Il Giornalino della Domenica.
La collaborazione con Giò Ponti
L’inizio della guerra non aiuta l’apertura dell’Atelier di moda di Edina, che nel frattempo inizia una piccola impresa con le sue sorelle, Lavinia e Iride. Le sorelle producono una serie di ceramiche con la tecnica a spolvero. Edina Altara, ormai stabilitasi a Milano, collabora con Gio Ponti, sia come illustratrice e scrittrice per le riviste “Bellezza” e “Stile” (per il quale scrisse tre articoli) e sia come artista chiamata a collaborare con i suoi progetti di arrei e interni. Uno fra molti esempi è un cassettone con cristalli di Giò Ponti che è dipinto da Edina Altra, l’opera è inclusa nella IX Triennale di Milano. Battuta all’asta, nel 2019, per una cifra da capogiro (link Nuova Sardegna). La collaborazione fra lei e Gio Ponti è così felice che l’architetto, nel 1952, le dedica un articolo “Opere d’arte nella ‘casa di fantasia’ e la pittrice cantastorie”, all’interno della rivista Domus.
Il fascino magnetico del collage
Negli anni Cinquanta e Sessanta, Edina Altara indaga nuovamente il campo artistico, utilizzando la masonite (frammenti di legno pressati) come supporto per la pittura e, soprattutto, per i suoi collage. L’atto di selezionare, tagliare, incollare e mescolare è, per lei, quell’elemento da cui parte tutto e verso il quale si ritorna a distanza di anni. L’opera “S’isposa” (1919), presente nella collezione del MAN di Nuoro, esprime un’ambiguità perfetta: tra la sfida e l’invito, lo sguardo ritratto è magnetico. Il collage emana il fascino discreto di un’artista che si muove con disinvoltura fra l’arte, l’illustrazione, la decorazione e tante altre cose alle quali ancora non abbiamo dato un nome.
Finale di partita
Dopo il trascorso milanese Edina Altara rientra nell’isola. Più tardi toccherà a Maria Lai, artista vicina a Edina, con cui condivideva la lotta artistica in un club per soli uomini. Assiste alla morte di Iride e Lavinia, alle quali era molto legata. Da quel momento inizia un gioco crudele e, come in un sortilegio, l’oblio incanterà la sua mente appropriandosi della sua lucidità. Sarà proprio questo squilibrio che la porterà a cambiare diversi istituti fino al 1983, anno in cui morirà in una casa di riposo a Lanusei. Un finale di partita un po’ inquieto… quasi come la sua arte e la sua personalità.
Curiosità
Federico Spano, erede e pronipote dell’artista, cura l’archivio a lei dedicato dopo aver trovato, nel 2007, un faldone contenente molti documenti utili per ricostruire il lavoro di Edina. L’evento ha qualcosa di magico e inspiegabile, perché il faldone appare, di punto in bianco, dove prima non c’era mai stato nulla (sotto la finestra della soffitta, per essere precisi). Non c’è polvere sui fogli, come se fosse stato tenuto con cura fino a quel momento.
Approfondimenti
È disponibile l’approfondimento Edina Altara, consultabile gratuitamente sul portale Sardegna Cultura. Si tratta dello studio di Giuliana Altea, docente di Storia d’Arte contemporanea all’Università di Sassari, che indaga anche le opere delle sorelle Iride e Lavinia. La pubblicazione è avvenuta in occasione della mostra “Le muse in salotto” del 2005, presso la Frumentaria di Sassari.