LA LUCE NON C’ENTRA
“La pittura, in primis, è una questione mentale. La luce non c’entra”. La dichiarazione di Letizia Fornasieri, pittrice milanese, è audace, perché, ammettiamolo, la luce sembra essere la risposta perfetta per ogni riflessione estetica.
L’artista ritrae la ragion d’essere di ciò che la circonda: interrogandosi su quell’indecifrabile che c’è in ogni ambiente domestico, cittadino e rurale. Ogni inquadratura è uno scorcio particolare. In uno sguardo, si condensa tutto. Un quotidiano straordinario, ammesso nella sfera dell’arte. Negli interni ritratti si percepisce il cigolio della porta, quasi sempre socchiusa, e l’odore di sonno delle lenzuola nella camera da letto. Nei dipinti urbani le macchine sono come un mare scuro e metallico dal quale emergono i tram arancioni. Al limite delle due realtà, quella domestica e cittadina, compaiono le finestre e i balconi, che a loro modo mostrano e celano allo stesso tempo come veli fra luoghi normalmente divisi.
Gli oggetti diventano parte di chi li adopera. Una poltrona è il riflesso di colui che la usa abitualmente, come se il tessuto si riempisse della forma di chi ci si accomoda. Il tavolo da lavoro è animato da utensili e strumenti ormai levigati dal tocco delle mani. Anche Borges riflette sulle cose, che diventano testimoni, inconsapevoli “del nostro oblio”, “non sapran mai che ce ne siamo andati”. Forse dietro a ciascun oggetto, fiore, e luogo c’è l’essere umano che lascia le sue tracce impalpabili, eppure percepibili. Che sia questo “scarto” l’oggetto ritratto nelle opere di Letizia Fornasieri? Gli oggetti, per la pittrice, “sanno”, vivono con noi una vita silenziosa”. L’arte, in primis, è una questione mentale. Così è sempre stato, è la base di ogni produzione artistica, di ciascuna epoca e luogo. Una riflessione così essenziale, che la si dimentica facilmente, in un battito di ciglia.
RICONOSCERSI PIACE
L’irriverenza e lo spettacolo di alcune opere d’arte hanno una certa risonanza nel pubblico ansioso di spiegazioni o già un tutt’uno con l’opera d’arte. Le provocazioni hanno il loro fascino. Innegabilmente divertono. La frase “Lo sputo d’artista è arte” di Kurt Schwitters, è un esempio fra molti. Il fascino dei lavori di Letizia Fornasieri è, invece, discreto. Il suo dipingere è colmo di affetto. “Voglio bene ai miei colori”. Il colore, in effetti, rispetto ai soggetti ritratti, è coprotagonista perché oltrepassa ciò che ritrae. La prospettiva, spesso ravvicinata, pone in primo piano il pigmento che vive, quasi, di forme cromatiche proprie. La grande mostra antologica, “La gloria di una giornata qualunque” (2009), dedicata a Letizia Fornasieri, ha un titolo perfetto, perché coglie il lavoro dell’artista. La gloria è il ductus pittorico, mentre la “giornata qualunque” appartiene alle immagini quotidiane, intime o meno, di ciascuno di noi. Accade, così, qualcosa di meraviglioso: il pubblico, semplicemente, si riconosce nelle opere della pittrice che include l’ordinario nello straordinario.
CHI È LETIZIA FORNASIERI?
Tralasciando per un momento le vicende biografiche, Letizia Fornasieri è un’artista sincera, di notevole coerenza. Nell’arco della sua carriera artistica ha sempre dipinto ciò che conosce. “Non potrei mai dipingere il mare o la montagna, perché non li conosco. Dovrei incontrarli”. È un’attenta osservatrice di ciò che la circonda. Ritrae solo quello che conosce. “Per anni ho dipinto cose in primo piano. Solo con la frequentazione della campagna senese ho potuto vedere il paesaggio da lontano e, solo in quel momento, ho iniziato a dipingere i paesaggi con una prospettiva lontana”. Ogni sua opera sembra essere una tessera della sua vita. Il suo sguardo è curioso di cogliere quei fili che uniscono il tutto. Ogni immagine racchiude una domanda alla quale risponde con un’opera. Colpisce la sua interpretazione dell’ombra, che risulta più elastica e sinuosa di chi la crea, riuscendo a toccare gli oggetti sui quali si proietta. Percepire così il mondo spiega, in parte, la tensione pittorica. Un’ombra di questo genere non può essere “nera-nera”, ma accoglie tanti altri accenti cromatici degli oggetti che sfiora.
CHI
Letizia Fornasieri è una pittrice milanese nata in una grande famiglia, tre fratelli e tre sorelle. Il regalo dei colori a olio da parte del padre, durante la terza media, e il permesso della madre di dipingere in veranda (il suo primo studio) tracciano l’inizio della sua carriera.
COME
L’avvenimento assolutamente ordinario e fondamentale di vedere una grande mostra di Gustave Courbet a Milano è decisivo. In quel momento capisce, infatti, di voler diventare una pittrice. Letizia Fornasieri, dopo essersi diplomata al liceo scientifico, decide di frequentare e superare anche l’ultimo anno di liceo artistico, potendo essere così ammessa all’Accademia di Brera. Sono gli anni ‘70 e “nelle aule nessuno dipinge più, perché c’erano altre ricerche in atto”. Letizia è un’autodidatta che osserva maestri come Jean–Baptiste–Simeon Chardin, Paul-Cézanne, Pierre Bonnard, Claude Monet, e Franz Kline. L’artista che più frequenta in quegli anni è William G. Congdon, di origine americana, con cui parla e riflette di colori e composizioni. Certo è che
EVENTI IMPORTANTI
Nel 1981, vince il Premio San Fedele Quadro Giovani alla Galleria San Fedele, a Milano.
Nel 1995, sempre a Milano, vince il premio il Premio di Pittura Carlo Dalla Zorza della Galleria Ponte Rosso.
Nel 2005 partecipa alla XIV Quadriennale di Roma (“Fuori Tema/Italian Feeling”). La rassegna, libera da ogni tema o linea guida, vede partecipare Letizia Fornasieri con “Milano – Tram” (2004), opera che entra a far parte della collezione della Camera dei Deputati del Parlamento italiano.